Iglesias 4 e 5 agosto 2015
Intervento di Primo Viganò, direttore della Schola Cantorum di Carate
LA MUSICA DI DON
ALLORI IN UNA PARROCCHIA DELLA DIOCESI DI MILANO
L’incontro con la musica di Don Allori è stato per me e per i
miei cantori un “amore a prima vista” o un
“colpo di fulmine”.
Erano i primi anni ’80 e la Schola Cantorum di Carate Brianza
incominciava a prendere coscienza delle sue possibilità canore e si stava
impegnando a rendere più dignitose e solenni le celebrazioni liturgiche
valorizzando il patrimonio della polifonia classica che i cantori stavano pian
piano assimilando.
In occasione del primo Convegno di S. Cecilia nel 1982 presso
l’Università Cattolica di Milano
imparammo e poi eseguimmo con gli altri cori presenti “Exaudi Domine” di Don Allori, a 3 voci
dispari composto nel 1981. Sarà stata la soddisfazione di cantare quel mottetto
nella basilica di S. Ambrogio con più di 100 cantori, sarà stata l’emozione
suscitata in noi e in chi ci ascoltava da quelle lunghe frasi, dall’andamento
lento, un po’ triste, ma intensissimo, che spinse me a conoscere di più quel
compositore fino ad allora ignoto.
Da quel convegno in poi, ogni anno imparammo e aggiungemmo al
nostro repertorio sempre nuovi canti di Don Allori, che poi eseguivamo durante
le liturgie solenni in parrocchia o nei momenti di elevazione musicale in
occasione dei tempi liturgici di Avvento e Quaresima.
In particolare nelle Stazioni serali dei Venerdì di quaresima
per diversi anni non mancò mai, dopo la predica quaresimale, un canto di
meditazione di Don Pietro (Respice in me,
Agnus Dei, O bone Jesu, Kyrie “Te rogamus”, ….) e sempre Adoramus te Christe e Stabat Mater.
In mezzo al grigiore e alla povertà delle proposte di musica
liturgica degli anni ’80 e ’90 le composizioni di Don Allori erano “perle”
musicali.
I mie cantori, che in quei periodi, di fronte alle mie
proposte, a volte, con tutta sincerità, mi dicevano: “Ancora Allori?”, quando
accennavo loro altri canti, che non fossero Palestrina o De Victoria, si
ricredevano subito e volentieri imparavano i canti di Don Pietro.
Anche il parroco di allora, Don Sandro Bianchi, che si intendeva
di musica e di liturgia, ascoltando i canti della Schola, al termine della
celebrazione liturgica spesso mi chiedeva: “Quel canto che avete eseguito è
forse di Don Allori?”. Riconosceva subito non solo lo stile, ma anche lo spessore e la profondità musicale dei
mottetti.
Egli fu tanto colpito da quella musica, che scrisse una
lettera ad Angelo Rosso (non sapendo come comunicare direttamente con Don
Allori) per ringraziarlo della sua musica per la liturgia.
E Don Pietro contraccambiò quelle espressioni di stima
dedicando a Don Sandro Bianchi il mottetto “Ubi
caritas” che il coro di Carate ha eseguito per anni durante il rito della
lavanda dei piedi, il Giovedì santo.
La notizia della morte di Don Pietro ci raggiunse la sera
della domenica 31 marzo 1985 proprio mentre ci apprestavamo a cantare “Parce Domine”, “Stabat Mater”, “Adoramus te
Christe” durante la Via Crucis per le vie del paese.
Poche settimane dopo, in occasione della commemorazione del
sacerdote sardo, Don Bianchi indirizzò al nipote Angelo Rosso questa lettera:
“PARROCCHIA
PREPOSITURALE-S.S. AMBROGIO E SIMPLICIANO
CARATE BRIANZA
- Diocesi di Milano-21 aprile 1985
Egregio e caro
Professore,
Mi ritrovi tra
coloro che oggi verranno, attorno a Lei, a commemorare il Maestro Don Pietro
Allori.
Il primo
sentimento che voglio esprimerLe è quello di tanta tristezza per la scomparsa
terrena di un Sacerdote, grande di umiltà e di interiore luce e capacita
artistica.
E proprio
dall’incontro di queste qualità sono nate quelle sue melodie distruggente
bellezza che penetrano il cuore e lo mettono in ammirazione e preghiera.
Oggi canterete
piangendo e godendo perché domineranno insieme la malinconia di non vederlo, e
la certezza della sua vicinanza che quasi prenderà voce nella vostra voce, e le
cose che Egli ha scritto vi saranno soavissime come venissero ormai da altre
"frontiere" dove la sua fede è diventata visione felice.
Rinnovo
l’espressione della mia simpatia e invoco dal Signore grazia e benedizione.
Don Sandro
Bianchi"
Perché i suoi canti nelle nostre liturgie e nei momenti di meditazione
musicale?
Le composizioni liturgiche di Don Allori hanno aiutato la
Schola Cantorum a trovare la giusta dimensione della propria presenza
all’interno della liturgia di oggi, un po’ ristretta nei tempi e nelle possibilità
di interventi musicali.
Da sempre è stata nostra preoccupazione quella di essere
presenti nelle celebrazioni liturgiche non per “decorare” o per “supplire” ad
una assemblea a volte un po’ passiva. Il Coro si è fatto di volta in volta
guida del canto, sostegno dell’assemblea, esempio del come si canta, soggetto
di preghiera con la proposta di canti meditativi in alcuni particolari momenti
liturgici.
I canti di Don Pietro si sono rivelati sempre opportuni,
giusti nella durata, rispondenti ai tempi liturgici, capaci di interpretare ed
esprimere la preghiera di una assemblea liturgica.
Le parole usate dal prof Krumbach (“Il linguaggio alloriano, in particolari composizioni,
rivela un ardore di commovente umanità: pagine sorrette da un gusto non intellettualistico
e attraversate da mistici significati di preghiera, come si ritrova solo in
quella letteratura corale e organistica liturgica in cui la musica cattolica
assume una perfetta forma d’arte”)
e quelle di Angelo Rosso (“Una musica
d’arte per lo più caratterizzata da un ascetismo della scrittura e da spogli ma
raffinati mezzi tecnici in cui si recupera ora l’antica vocalità mottettistica,
ora il senso più profondo del suono armonico. Trasparenza del tessuto sonoro e
raccolta devozione danno vita a pagine di alta spiritualità espressa con
modalità tutta moderna”) risultano per noi, interpreti dei canti di Don
Allori, perfettamente corrispondenti alla nostra esperienza. Quando cantiamo i
mottetti o altre composizioni di Don Pietro sentiamo di esprimere, pur con i
nostri limitati mezzi, la fede e di eseguire un’opera d’arte. E la gente che
ascolta ci dichiara spesso di essere stata aiutata a pregare.
Una osservazione particolare
sulle “Sette parole”
La versione delle “Sette parole di N. S. Gesù Cristo in
croce” del 1983 è entrata a far parte da subito, cioè dalla prima esecuzione a
Chiaravalle nel 1984, del repertorio della Schola Cantorum.
E’ una di quelle composizioni che non solo si adattano
perfettamente all’organico di cui disponi e allo stile del tuo coro, ma prende
talmente il cuore dei cantori che non è mai scontata ogni volta che la cantano
e non si stancherebbero mai di cantarla.
Quest’anno, in occasione del 30° della morte di Don Allori,
ci siamo cimentati con la prima versione delle Sette parole, quella del 1980.
E’ stata una dura prova per i cantori e anche se la nostra esecuzione non è
stata perfetta,
abbiamo avuto una ennesima conferma: la soddisfazione che
proviamo noi cantori quando eseguiamo le composizioni di Don Pietro ,
soprattutto quelle più impegnative come i Responsori della Settima santa e le
Sette parole, e l’emozione che suscitiamo in coloro che ci ascoltano non sono
merito nostro, è qualcosa che viene dalla musica stessa, come dice Angelo
Rosso: “I significati attribuiti alle composizioni
di don Allori sono dentro la musica, non già nelle intenzioni interpretative
degli esecutori o nella destinazione liturgica dei singoli brani: vanno
ricercati nella radice culturale del suo linguaggio musicale, in quel procedere
lento e costante tipico di chi concepisce il tempo e la propria azione
quotidiana come preghiera e autentica passione per la vita”.
Primo Viganò, direttore della Schola Cantorum di Carate Brianza (MB)
Iglesias (CA), 5
agosto 2015